Il movimento di resistenza filippino (in tagalog: Kilusan ng Paglaban sa Pilipinas) fu un movimento clandestino, nato nelle Isole Filippine negli anni della seconda guerra mondiale, il cui intento era opporsi all'occupazione militare da parte dell'Impero del Giappone. La resistenza, nel corso degli anni, fece un uso sempre crescente di azioni di guerriglia contro le forze giapponesi, compresa la polizia militare giapponese Kempeitai e i loro collaborazionisti, ossia gli uomini dell'Ufficio del Corpo di polizia della Seconda Repubblica filippina,[1][2] e un gruppo di militanti filippini, il Makapili, nato con lo scopo di aiutare militarmente i giapponesi.[3] Si stima che i gruppi di guerriglieri arrivarono complessivamente a contare circa 260 000 persone e che quindi le organizzazioni clandestine antigiapponesi fossero molto numerose,[4][5] a tal punto che, all'arrivo dei soldati statunitensi, i giapponesi controllassero solo dodici delle quarantotto province filippine.
Unità scelte della resistenza furono poi riorganizzate ed equipaggiate in modo da diventare parte dell'Esercito filippino e della Polizia filippina.[6] Al termine della guerra, il Governo degli Stati Uniti garantì ufficialmente delle ricompense economiche alle svariate etnie che combatterono con gli Alleati. Tuttavia, i filippini furono esclusi da tali benefici e furono costretti a perorare la loro causa, finché gli Stati Uniti non riconobbero ufficialmente le ben 277 unità guerrigliere, per un totale di 260 715 individui.[7]
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